Biografia

Mi presento, mi chiamo Porchera Giovanni, sono sposato ho due figli maschi e vivo a Bascapè in provincia di Pavia. Sono di fede Cattolica

 

Non ho molta esperienza con i siti, questo è il secondo che tento di costruire.

Come ho gia scritto sul mio sito precedente, una volta esistevano i famosi diari, e ognuno ci scriveva le proprie esperienze di vita.

Adesso con l'avvento della tecnologia, di internet, e la possibiltà di costruire siti come questo, ognuno di noi volendo puo non solo scrivere, ma anche pubblicare i vari momenti della sua vita con foto e video.

 

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Bascapè

Lo stemma

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La piazza con la chiesa

La piazza con la chiesa

la chiesa

La chiesa

Il castello

Il castello


  Bascapè e la sua storia

IL NOME:
deriva dall' originaria famiglia milanese “A BASILICA PETRI” che per secoli lo possedette; nel corso degli anni subì variazioni come Barxegape, Basgapè, Bescape e altre, giusitificabili in base a fenomeni fonetici tipici dei dialetti settentrionali.
Lo stadio finale, cui giunge la parola, si motiva come conseguenza del processo univerbativo, che coinvolge tutte le lingue vive, cioè la tendenza, nel parlare ad unire le parole in un'unica catena fonica.
Conseguentemente, le vocali atone, pre e post-toniche(cioè collocate prima e dopo l'accento tonico proprio della parola o della catena fonica) si indeboliscono e sono soggette a caduta.
In seguito, a causa di progressivi processi di sincope e apocope(cioè alla caduta di interi gruppi sillabici all'interno o a fine di parola) si è passati da BASLICA PETRI a BASCAPE.
Successivamente si è verificato uno spostamento dell'accento tonico originario, che ha fatto sì che la parola diventasse tronca, cioè avesse l'accento tonico collocato sull'ultima sillaba.
Solo quest'ultimo fenomeno ha lasciato una traccia graficamente visibile.

CENNI STORICI

Come per ogni evento storico, anche per l'origine di Bascapè, ci sono tradizioni e varianti storiche differenti.

a) LE ORIGINI E IL TOPONIMO:

Innanzi tutto, non è da escludere che il sito su cui sorse Bascapè sia stato scelto come insediamento di una popolazione di origine gallica, tra il V e IV secolo prima di Cristo, per la sua posizione asciutta, protetta da un bosco ad Ovest e da un corso d'acqua ad Est, fornitori naturali di alimenti, di rifugio e via di comunicazione. 1
A sostegno di questa possibilità vi è il fatto che era uso delle popolazioni celtiche denominare i loro insediamenti dal tipo di vegetazione arborea presente,  come per esempio Rogoredo (rovere), Cerro (quercia), Nosedo, Nogara (Noce), ecc… Questo farebbe supporre che anche la nostra cascina Albaredo abbia un toponimo che rispecchi il modus operandi celtico, poiché populus alba significa pioppo bianco, e lo stesso varrebbe per la Nusèta e la strada delle Nosette (Noce) o la torre della Giandata (ghiandata).2
Successivamente una prima ipotesi per l'origine del paese è quella presentata per motivare l'origine del toponimo. Questa fa riferimento ad una famiglia milanese, che nel IV secolo donò all'Arcivescovo di Milano, Mons. Mona, il proprio palazzo o una basilica di proprietà, per costruirvi una chiesa da dedicarsi a San Pietro, diventata poi la chiesa di San Nazario.A seguito di questo episodio i discendenti acquisirono il titolo di “Nobiles a Basilica Petri”
Si tratta, però, di un anacronismo, poiché nel IV non è ancora diffusa la casta dei nobiles di origine medievale.
E', però, sicura l'esistenza del paese, se è vero che in questo borgo nacque nel secolo V san Geronzio (Gerunzio o Geronte),vescovo di Milano al tempo della invasione degli Eruli di Odoacre.3
Una seconda tradizione riferisce che un tale di nome Pietro,ricco possidente, accoglieva nella sua casa i cristiani perseguitati per celebrare i divini riti prima che fosse proclamato l'editto di Costantino nel 313 d. C., che sancì in via definitiva la  libertà di culto. In seguito la casa si trasformò in basilica; da qui il nome Basilica Petri fu esteso anche al luogo dove era situata.4
Nel 286 d. C. Milano diventa capitale, con a capo il sanguinario Massimiano (suocero di Costantino), a seguito dell'attuazione della tetrarchia di Diocleziano, e non è da escludere che il territorio di Bascapè sia diventato rifugio dei cristiani e successivamente anche dei fuoriusciti dalla città a causa delle invasioni di popoli barbari dal Nord, a seguito delle pressioni esercitate dall'esterno dagli Unni di Attila.5
Significativi sono i nomi di alcune cascine dedicate a san Zeno che fu vescovo di Verona dal 362 al 372 ed altre richiamanti la foresta, come Bosco, Boschetto, Albaredo, Giandata, Malnido, Mangialupo, Boscajola, Boscata, Piacentina (piccola placenta, per una nuova vita di agricoltura) , Fratta (sterpi, pruni).
La presenza del nome Quartiago ha suggerito l'assonanza con Quart iuger di una centuriazione romana e d'altra parte si ritiene che ci fosse una strada di quell'epoca, la quale, staccandosi a Castel Lambro da quella principale collegante Pavia (Ticinum) a Lodivecchio (Laus Pompeia), passasse da Vigonzone, San Zeno, Bascapè, sito di una “Mutatio” ovvero di una stazione per il cambio dei cavalli, prima di ricongiungersi con la Via Emilia a Melegnano.6

b) DALLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO D'OCCIDENTE(376a.C.)

I longobardi, popoli germanici che si spostavano per gruppi chiamati “fare”, guidati da Arimanni ( uomini nobili, dalla composizione della radice ar- con il suffisso -man ) i quali erano stati al servizio dell'esercito romano e ne avevano appreso l'organizzazione, istituirono un sistema difensivo di castelli posti ai guadi dei fiumi, alla confluenza di strade, sulle alture, ecc...  Alla città rovinata, preferirono la campagna dove si accampavano a danno degli indigeni, ma appresero la coltivazione della terra. Gli accampamenti divennero, poi, nuovi villaggi e con gli scambi di prodotti entrarono anche in contatto col cristianesimo.
La dedicazione della nostra chiesa a san Michele Arcangelo ed una cascina dedicata a san Martino sono segni che i santi eroi o guerrieri erano molto amati dai Longobardi. Si deve, comunque tenere in conto che tutta la agiografia occidentale centralizza figure di vescovi eroici e guerrieri,per esempio Sant' Aniano di Orleans.
Significativo è il fatto che nella basilica di s. Michele in Pavia, a partire dal VII secolo, venivano incoronati i sovrani del “Regnum Italicum”.
Una precisazione merita il nome Guastalla che deriva dal longobardo Warstall ossia stazionamento militare del 603, chiamato poi Guardistallum.7E' evidente che tale nome fa riferimento alla città emiliana retta fino al 1532 da Achille Torelli, alla cui morte la figlia Lodovica si ritirò a Milano fondando il Collegio della Guastalla e mantenendosi coi proventi delle cascine acquistate a Sud della città, tra cui una nel nostro territorio ed un'altra nel comune di Noviglio.
Con l'impero di Carlo Magno ebbero, in seguito, importanza le Pievi come quella di San Giuliano alla quale oltre a Melegnano, Riozzo, apparteneva anche Bascapè con altre quaranta chiese.
Una notizia inerente il periodo del Sacro Romano Impero Germanico riferisce che Corrado II detto il Salico si era accampato col suo esercito nei pressi di Bascapè mentre era alle prese per distruggere Landriano nell'anno 1037.
Successivamente, nel periodo di Federico Barbarossa era capitano delle truppe di Milano un tale Oldrato de Basilica Petri, che era anche feudatario di una delle rocche che formavano la cerchia esterna per la difesa della città di Milano. Tale castello fu distrutto nel 1159 dall'imperatore germanico, chiamato in difesa di Lodi da due mercanti di Casalmaiocco, recatisi a Costanza, stanchi di subire la prepotenza dei milanesi.

c) DURANTE L'EPOCA COMUNALE:

Negli atti del Comune di Milano figura che nel 1219 la “Plebe” di san Michele e sei persone della famiglia Bascapè possedevano terre e decime anche a Torrevecchia Pia e a Gugnano.
Il castello di Bascapè subì, poi, un altro danneggiamento da parte di Federico II, nel 1239 alle prese con Milano, ed il paese, che era sussidiato dai milanesi, fu saccheggiato dalle sue truppe.
Un fatto culturale importante è rappresentato dal manoscritto di Petro de Barxegapè8: “Del Novo e del Vedre Testamento”, una raccolta di storie tratte dalla Storia Sacra, scritte nel 1264 in volgare milanese.9 L'opera è redatta in rime non solo per un fatto di gusto estetico, ma anche per facilitare l'apprendimento mnemonico dei contenuti e nello stesso tempo trasfonde il senso morale circa i vizi capitali. Le descrizioni sono volte a promuovere la condizione umana mediante un itinerario catartico di riflessione sui danni provocati dai vizi capitali.

d) DALL'INIZIO DELLA SIGNORIA ALL'ILLUMINISMO:

Nel 1329 l'imperatore Ludovico il Bavaro conferì il feudo di Castel Lambro ai Bascapè, i quali già avevano ampie possessioni a Torrevecchia fino a Vallaria (Valera) e al Lambro Morto.
Due anni dopo il re di Boemia confermò la situazione e, a seguito di ciò, allo stemma gentilizio della famiglia, venne aggiunta l'aquila nera segno del capo dell'impero.
Nel 1364 il castello di Bascapè era tra quelli che i Visconti ordinarono di demolire, ma i buoni rapporti della famiglia con Bernabò lo salvarono e più tardi fu addirittura ampliato fino a raggiungere le proporzioni odierne.
Joannolus de Basilica Petri donò alla chiesa locale, nel 1380, notevoli beni, pertanto tredici anni dopo si incominciò a costruire una nuova chiesa più ampia di quella romanica.
Un manoscritto del Capitolo del duomo di Milano del 1398 nella “Notizia cleri mediolanensis” elenca tra le pievi la “Canonica Sancti Michaelis de Basilica Petri”, avente un capitolo di numerosi canonici con a capo un arciprete.
Il parroco della chiesa matrice di Bascapè aveva autorità sulle chiese di Landriano, Pairana, Gugnano, Cerro, Trognano; i battesimi e gli oli santi si ricevevano solo dalla chiesa matrice e su di esse gravava il diritto di Ius patronato della nobile famiglia che le aveva volute e finanziate, finché non passarono ad altri signori come quella di Pairana che andò ai Brivio.
Alla morte di Filippo Maria Visconti nel 1447, seguirono disordini fino alla istituzione della Repubblica Ambrosiana. Francesco Sforza cinse la città d'assedio, bloccando i rifornimenti, obbligandola ad arrendersi nel 1450.
In questo periodo il feudo di Bascapè abbandonato dai Visconti era diventato un sito di sosta dei contrabbandieri che pervenivano da oltre il Po e percorrendo il senterium mediolanense da Sant'Angelo, introducevano nottetempo le vettovaglie a Milano navigando anche sulla Vettabbia.
Il 18 settembre del 1460, a nome del cardinal Piccolomini, fu fatta una visita pastorale a Bascapè e nell'atto è riportato che alla chiesa Plebana di S. Michele Basilicapetri fanno capo le chiese di s.Viti de Agugnano,  s.Mariae de Payrana, s.Cristophori de Cero, s. Syri de Trognano, s. Georgii de Cathenano campestris, s. Victoris et Quirici de Landriano. A queste ultime segue la scritta: “Non veniunt ad oboedientiam” .
Nel 1466 esisteva la rurale Pia Scuola dei poveri, voluta dai Bascapè e gestita da una confraternita. Nell'agosto 1497 fu inaugurata la nuova chiesa, i cui lavori furono interrotti e ripresi dopo la metà del 1400 a motivo della investitura del feudo di Bascapè direttamente ai Visconti, Esiste tuttora la lapide di tale chiesa che ricorda l'evento.La pace fu breve: due anni dopo (1499) i Francesi conquistarono Milano e imprigionarono Ludovico il Moro; Gualtiero Bascapè che con altri custodiva il tesoro del duca e aveva avuto contatti con Leonardo da Vinci (informava il signore circa i lavori eseguiti dal sommo toscano) fu condotto in Francia con gli Sforza, ma fece presto ritorno per la riconosciuta onestà. All'inizio del cinquecento il castello di Bascapè fu modificato e trasformato aggiungendo le decorazioni cordonate di cotto ai quattro finestroni che conferiscono particolare eleganza e maestosità a tutto l'edificio. In questo secolo il feudo dei Bascapè ebbe il massimo di espansione che successivamente decadrà poco alla volta fino al 1820.
Quando nel 1513 Massimiliano Sforza riprese il ducato di Milano tributò onori alla memoria di Gualtiero Bascapè. Due anni dopo, il ducato degli Sforza divenne meta ambita dal re francese Francesco I che tra il 13 ed il 14 si settembre attaccò nella zona tra Marignano (Melegnano), san Donato, Triulzo, ecc…nel fare tale manovra col suo numeroso esercito avrà certamente attraversato il nostro suolo. I morti nello scontro furono tanti da essere definita la Battaglia dei Giganti e la Lombardia passò sotto ai Francesi. Nei campi della battaglia non si coltivò per tanto tempo poiché erano coperti di ossa umane; alla fine furono raccolte in fosse comuni. Nel 1519 Carlo V° di Spagna fu eletto Imperatore. Questo avviò la lotta con l'altro pretendente: Francesco I ritornato in Italia con l'esercito nel 1524 fu sconfitto a Pavia e imprigionato in Spagna . Una nuova pestilenza si abbattè sulla zona ed a Bascapè nei pressi della Valletta fu edificato il Lazzaretto e lungo la strada si costruì un tempietto votivo di s. Rocco. Intanto si cercò di far rinascere il ducato di Milano aggregando una lega chiamata Santa e tanto si fece, ma nel 1529 addì 21 di giugno, nei pressi di Landriano l'esecito spagnolo comandato da Antonio de Leyva attaccò di sorpresa quello francese guidata dal conte Saint Pol costringendolo a ritirarsi. Le campagne della nostra zona erano incoltivabili per le scorrerie degli armigeri, tant'è che le vettovaglie venivano fatte pervenire da Crema. Al periodo appartiene anche la monaca di Monza de “I Promessi Sposi”, Virginia de Leyva nipote discendente del gottoso generale vincitore.
Merita ricordare che dopo la Battaglia di Landriano iniziò la lenta ripresa dei paesi che erano stati quasi abbandonati, privati degli animali e la terra incolta fino al 1532-33 nonostante gli affitti fossero ridottissimi. In seguito, a poco a poco, spinti anche dalle richieste dei bergamini, si aumentarono le superfici a coltivo riducendo le tare improduttive e le superfici a bosco e sopperendovi con le piantate di alberi lungo i corsi di acqua che rinforzando le rive potevano essere capitozzate “Gabade” per la rapida produzione di pali da ardere oppure moronate “Muròn” = gelso, per i bachi da seta. I prati erano di due tipi: stabili oppure a marcita secondo il modello inventato dai monaci che utilizzava l'acqua delle risorgive, leggermente tiepide in inverno, fornivano una maggior produzione di foraggio e quindi atti a mantenere un carico di bestiame superiore, aumento di produzione di latte e quindi di latticini oltre che di letame da impiegare come eccellente concime nella rotazione delle coltivazioni.
I campi venivano acquistati da nobili o da ricchi commercianti che vivevano in città ed affittati in porzioni più o meno ampie, si passò così da una coltivazione per uso famigliare a quella per il mercato. Le marcite, ed i campi irrigabili si erano rivelati anche un ottimo deterrente contro gli invasori, se opportunamente allagati ne ostacolavano i movimenti, impantanando i convogli pesanti.
Nel 1559 fu eletto papa Pio IV , Medici, che era originario di Melegnano, il quale convocò la terza parte del Concilio di Trento, nominò Arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, il quale si prodigò nel rinnovare la Chiesa ambrosiana.
Nel 1617 giunsero in Lombardia, oltre alle già numerose guarnigioni dell'esercito spagnolo, altri 11.000 soldati con 200 carri pesanti trainati da 120 buoi; innumerevoli i cavalli. Furono sparsi nei vari paesi, tra cui Bascapè, i quali dovevano provvedere al loro mantenimento. La Lombardia era gravata da spese colossali e nonostante la moneta in circolazione fosse aurea vi fu una svalutazione per la insufficiente produzione di beni e di derrate alimentari.
In assenza di una burocrazia statale il feudatario doveva riscuotere le tasse, amministrare la giustizia, provvedere all'istruzione dei giovani e al mantenimento dell'esercito del Duca, ecc…
Il feudo di Bascapè che nel 1624 era retto da Francesco, ambasciatore alla corte di Madrid, passò a Gerolamo, capitano di giustizia del Ducato, quindi a Rainaldo, giureconsulto e poi a Cristoforo, giurista e a Gerolamo e nel 1754 andò a suo figlio Paolo. I fuochi, ovvero le famiglie del feudo erano 116 con una popolazione stimata nell'ordine di un migliaio.
e) DURANTE L'ILLUMINISMO:
Con l'ascesa a capo dell'impero di Maria Teresa d'Austria (1740-80) vengono attuate riforme nell'organizzazione dello stato: eliminazione della servitù della gleba,  incremento dell'agricoltura e dell'industria della seta, imposizione del tedesco al posto del latino. Ciò portò a reazioni nei confronti del potere centralizzato. In Francia nel 1789 scoppiò la rivoluzione che abolì il regime feudale e dichiarò i diritti dell'Uomo.

f) DOPO LA RIVOLUZIONE FRANCESE:

Nel maggio del 1796 i militari francesi del generale Bonaparte fecero una guerra lampo in Lombardia: da Lodi si spostarono verso Milano, saccheggiando cascine e paesi a tal punto che nel pavese i paesani si sollevarono, ma con loro rovina. Un anno dopo Napoleone istituì la Repubblica Transpadana.
L'occupazione perdurò fino all'aprile del 1799 quando gli Ausro-Tedeschi ed i Russi allontanarono i Francesi, i quali, però, nell'agosto dell'anno dopo vi fecero ritorno istituendo, poi, la Repubblica Italiana con capitale Milano. Quattro anni dopo, Napoleone da presidente della repubblica assunse il titolo di Re d'Italia con la corona Ferrea. In questo periodo furono spostati fuori dai centri abitati tutti i cimiteri, evento ricordato con dolore da Foscolo nel carme “I cimiteri”.
Quello del nostro paese è stato individuato, a motivo dei molti resti ossei rinvenuti in vari scavi, nel cortile del Municipio e nella zona antistante lo stesso. Dopo la battaglia di Lipsia dell'ottobre 1813 gli Austriaci ritornarono a Milano. Due anni dopo Napoleone fu sconfitto a Waterloo.
Col Congresso di Vienna , 1814-15 si ritornò allo 'Status quo ante' ossia si ripristinarono i sistemi di governo che la ventata rivoluzionaria Napoleonica aveva cambiato,  ma il desiderio di libertà non poteva più essere fermato.
Esso portò all'unificazione d'Italia nel 1860 e si concluse con la nomina dei Sindaci.

Impaginazione, revisione formale e tecnico-linguistica a cura di Anna Chiara Ronchi.

1 I Celti erano tribù di popolazioni indoeuropee con carnagione e occhi chiari, i quali, separatisi da quelle con carnagione scura, nel secondo millennio prima di Cristo migrarono in Europa e diedero poi origine alle popolazioni galliche.
2 PRECISAZIONI DI TOPONOMASTICA:
La validità della tesi è data dal fatto che i toponimi sono molto conservativi e che spesso i popoli migrando portano con sé i nomi dei luoghi d'origine o attribuiscono nomi in base ad elementi caratterizzanti del territorio, per esempio: ancora oggi si riscontrano fonemi indoeuropei nei toponimi dell'Eurasia inizianti con car-, che significa roccia, come Carrara, Cariddi, Carso, Cartagine, Caracorum, ecc…E' da escludere, però, che Carpiano, appartenga a questa origine non poggiando su roccia, mentre è più probabile una assonanza con l'arboreo Carpino, o anche possibile possedimento di un romano Carpius.
3 Come attestato da una fonte scritta: “Santo Gerontio de casa Basgapè, cittadino milanese, con tutto che ricusasse di succedere nel vescovato a s. Eusebio, fugli dal pontefice Simplicio comandato che lo accettare….egli se ne venne alla sede al 26 dicembre 479”.
4 Volendo fare una prima cronologia relativa tra gli eventi, bisogna, quindi, dire che il primo passo fu la fondazione della chiesa, che ebbe il nome di Basilica Petri, questo fu esteso al luogo, diventando toponimo, e ai discendenti del proprietario della chiesa, infine essi furono onorati del titolo nobiliare.
5 La debolezza dell'impero, infatti, era appariscente solo all'interno, per i confinanti esso corrispondeva ancora ad un ortus conclusus, di conseguenza, in caso di minacce varcavano i confini in cerca di sostegno e protezione. Fino al III d. C. l'impero fu in grado di gestire, amalgamandoli in piccoli gruppi, i barbari che si recavano all'interno del territorio romano.
6 Reperti significativi come monete, frammenti di vetro e di vasellame in terracotta, utensili, ecc… del periodo romano sono stati riscontrati anche nell'anno 2000 nei campi situati nei paraggi del corso d'acqua Lisone, facenti parte della frazione Villarzino.
[A poche centinaia di metri da questa, nei dintorni della cascina Guado, frazione del Comune di Casaletto Lodigiano, fu rinvenuta alla fine del 1800 una tomba ipogéa d'epoca antichissima; il materiale rinvenuto è conservato al Museo di Milano di Corso Magenta.]
7 war è la parola usata nelle lingue germaniche per indicare la guerra che viene a sostituire il vocabolo latino bellum, che si specializza solo nel ruolo di aggettivo per evitare confusioni dettate dall'omofonia. L'alternanza w/gu- dipende dal modo di rendere graficamente il fono prodotto da una consonante labiovelare sonora, differente in base alla famiglia linguistica.
8 PIETRO DA BARXEGAPE':
Di sè il rimatore, ricordato come esponente della Letteratura didascalica settentrionale e fonte di Bonvesin dra' Riva, dice alla fine del suo poemetto:
“Petro de Barxegapè ke era un Fanton,
sì ha fato stò sermon,
sì copillo, sì l'à scripto
ad honor de Jhesù Cristo.
In mille duxento setanta e quatro
questo libro si fo fato,
e de junio si era lo prumer dì
quando questo dito se fenì [...]”.
Probabilmente era un cavaliere ben consapevole delle regole morali e religiose della cavalleria del suo tempo, identificabile con un notaio del Capitolo del Duomo milanese, che ebbe modo di scortare il podestà di Firenze, nel 1260 e da questi, poi, ringraziato.
9Non è corretto parlare di dialetto, poiché non esiste nel periodo di riferimento una lingua unitaria.
La scelta linguistica fa riferimento al pubblico eletto dall'autore prima dell'inizio della stesura dell'opera. Il volgare permetteva di rivolgersi a un pubblico più ampio, mentre il latino effettuava una selezione sull'uditorio. Si rivolgeva ad un'élite di studiosi, non al popolo.

LA CHIESA DI BASCAPE':

Parlando di un'opera architettonica di tanto grande rilievo, sia come luogo di culto, sia per valore storico-artistico, è bello ricordare il commento positivo di un conoscitore d'arte, che fu anche dirigente della Parrocchia: don Faustino Gianani, insegnante d'arte di don Agostino Boldizzoni e don   Alberto De' Paoli.
Egli dedicò ai suoi alunni, successivamente Parrroci del paese, un'opera intitolata “La chiesa parrocchiale di Bascapè”, pubblicata nell'anno 1972, alla quale si rimanda come fonte delle informazioni presenti nel testo.
In quest'opera egli scrive: “ Questa vostra chiesa della quale scrivendo ammiravo le splendide opere d'arte, è certamente una delle più belle e delle più ricche di tutta la nostra Diocesi”.
Essa, come molti altri edifici pubblici, dedicati al culto, nasce come un piccolo edificio che subisce ingrandimenti progressivi.
La prima base della costruzione risale all' XI secolo con dedica a San Michele Arcangelo, figura molto popolare nell'alto Medio Evo.
A conferma di questo periodo, il libro dei censi della Chiesa Romana attesta che a Bascapè nel 1192 esisteva una chiesa.
Oggi una lapide, murata nella parete destra esterna dell'attuale chiesa, riporta come data  di inaugurazione il 1487, quando era parroco Bernardo Bascapè1.
L'inizio dei lavori di costruzione va posto, però, 94 anni prima, sotto la cura di Giovanni de Homodeis 1389, capolista dei parroci, stando ad un elenco presente in chiesa, il cui limite è indicare solo i sacerdoti con lo Ius patronato, esercitato dai feudatari fino al 1820 circa, e quelli nominati dal Vescovo.
Lo stile fu il gotico-longobardo, sostituito nel XVII secolo da un barocco sobrio, a seguito del rifacimento.
Dice la fonte che si era nel 1637 e il Parroco Arciprete don Gerolamo Pusterla, per munificenza del castellano di Bascapè, il conte palatino Gerolamo Bascapè avviò l'ampliamento sul sito della precedente. Fu completata nel 1680, proprio per la necessità di utilizzare una parte della stessa per le celebrazioni, cosa che rallentò l'opera. In quest'anno iniziò la decorazione da parte di don Ippolito Bascapè. Egli, avvalendosi di artisti ben quotati nella Lombardia del suo tempo, come A. Bellotti, F.Leva, e G. Procaccini, realizzò la grande decorazione pittorica muraria a fresco e quella su tela, oltre agli altari marmorei, alle balaustre e ai pavimenti, curati da Daldino e Calderaro.

LA CHIESA ODIERNA:

Ha una lunghezza interna di m 28,10, la navata è larga  m 9,40 e le cappelle hanno una profondità di m 3,55; l'altezza interna della volta raggiunge m 14. E' stata realizzata in stile barocco lombardo e consta di una navata e di tre cappelle per ogni fianco; il portale è rivolto a Nord. La parte più antica è quella formata dalle due cappelle poste ai lati del portale.
La decorazione pittorica ebbe inizio nel 1630. Alla reggenza di don Luigi Bascapè iniziata nel 1638 era già presente l'altare maggiore in legno dorato oltre alle cappelle di s. Teresa, del Santo Rosario e quella del Battistero. Papa Gregorio XII concesse l'istituzione della confraternita del S. Rosario con l'obbligo di raffigurare i quindici misteri, inoltre per ringraziamento della vittoria sui Turchi ogni prima domenica di ottobre si deve festeggiare e recitare il rosario.
Desta interesse la figura della Madonna delle Grazie, sicuramente recuperata dalla chiesa precedente, a motivo dell'abrasione con la quale è stata incisa la data 1610 nell'intonaco dipinto a fresco, la quale sembra voler certificare l'anno in cui quel muro con l'effige fu collocato dove ora lo si vede. L'affresco presenta scrostature nell'intonaco circostante inoltre la superficie sulla quale è stesa l'immagine non è piana, bensì concava come se fosse stata ricuperata dalla superficie di un voltone. Il fatto che sia arricchita da stupendi marmi e da tele di S. Legnani (Legnanino), di F. Panza, di G. Nuvolone (Panfilo) e di G. Procaccini, ci mostra non solo il culto alla Santa Vergine, ma anche le grazie ottenute come quella raffigurata su una parete. Don Ippolito fece realizzare la nuova sacristia e la dotò di armadi giganti quanto ricchi di sculture con gli evangelisti ed i dottori della Chiesa, per la conservazione di paramenti pregevoli; fece intagliare il coro ligneo a forma di emiciclo da A. Ratti e F. Grassi; con la Confraternita della SS.Trinità portò a casa da Varese due grandi tavole a bassorilievo con la salita al Calvario e la deposizione di Gesù nel sepolcro, probabili opere del 1485 di Bartolomeo da Como, le quali giacciono attualmente presso il magazzino del Castello Sforzesco di Milano.
Di don Ippolito va ricordato il lascito della casa per il medico o speziale con annesso l'orto con l'obbligo di abitarla e di prestare gratuitamente le cure mediche ai poveri; altre iniziative riguardavano i vecchi e le vedove con bambini, i bisognosi, ecc.. denominata “Pia Causa Bascapè”.
Nel 1637 fu costruita la chiesetta di Beccalzù a carico dei Bascapè ai quali fu riconfermato il diritto di Ius patronato dal vescovo di Pavia.
L'organo, che nel '600 era ubicato in quella che ora è la cappella dedicata a s. Geronzio (originario di Bascapè, nominato arcivescovo di Milano, al tempo degli Eruli di Odoacre), fu collocato da don Ippolito sul lato sinistro del presbiterio, per chi guarda l'altare; in seguito (1800) fu ampliato dai Fratelli Prestinari di Magenta e collocato sopra al portale, consta di un manuale, tipo spezzato e di una pedaliera piana, il registro principale è da 16 piedi e quello della facciata è da 8 piedi; inoltre vi sono quelli da 4, da 2 e da 1 oltre ai ripieni; le trombe, i clarini, i flauti, la voce umana, la viola ed il violone, ecc…Una revisione effettuata dalla ditta Cavalli di Lodi agli inizi del 1900 deve aver fatto notevoli trasformazioni come la probabile aggiunta del timbro Dublette bassa, i timballi al pedale e l'eliminazione di altri timbri dei quali sono presenti le sole aste dei registri.
Negli anni settanta, la chiesa fu visitata nottetempo dai ladri, i quali rubarono statue di angeli che costituivano elementi importanti della decorazione di tre altari; inoltre prelevarono statuette di legno sia dorate che semplicemente cerate.
Un fatto importante è stata l'erezione dell'attuale campanile, avvenuta all'inizio del secolo scorso su progetto dell'architetto pavese Angelo Savoldi; esso è alto 35 metri esclusa la croce, costò 6.560 £ire del 1906; le campane furono premiate all'esposizione di Milano. Il vecchio campanile fu mozzato, essendo staticamente insicuro, ma non del tutto eliminato rappresentando l'asse del vertice trigonometrico N° 059006 della Carta dell'IGM in scala 1:25.000, rilevata nel 1865 - 91 avente Latitudine 45°18'23” Nord e Longitudine Ovest da Roma -3° 08' 18”.
A fianco della chiesa vi è un mortoriolo con alcuni teschi recuperati durante gli scavi effettuati nel cortile del Municipio, sede di un vecchio cimitero; qui trova posto una grande statua della Madonna Addolorata, segno di ringraziamento per il pericolo scampato dal colera alcuni secoli fa, durante il quale le persone “morivano come mosche”.
La chiesetta di Trognano (Tor Gnano) è stata fatta edificare dal sacerdote Giuseppe Prata fra il 1723 ed il 1726 (coevo di don Ippolito Bascapè) e da lui abbellita con ricchi e numerosi arredi. Merita di essere ricordato il presepio ligneo in bassorilievo dorato e dipinto, probabile opera di Bartolomeo da Como del 1485, attualmente depositato presso il Museo del Castello di Pavia, proveniente anch'esso dal santuario di Varese dove i bascaprini si recarono a piedi a prelevare anche gli altri due bassorilievi dei quali esiste una copia fotografica in Chiesa.

Bascapè per internet: @ notizie redatte da A. Sommariva